Articolo del 16/06/2023

Il tumore colorettale, ad oggi, è la terza neoplasia nel mondo per incidenza, dopo quello del polmone e della mammella. È importante sottolineare, però, un dato positivo: grazie alla diagnosi precoce e al miglioramento delle cure a disposizione, la percentuale di guarigione dal tumore del colon-retto è oggi elevata, intorno al 60% dei casi, e la mortalità, negli ultimi anni, in forte calo.

Come si tratta il tumore al colon-retto con laparoscopia e come avviene l’intervento? Approfondiamo l’argomento con il Dott. Sibio, chirurgo della Clinica ArsBioMedica.

Cos’è il tumore colon-rettale e quanto è diffuso?

Per neoplasie del colon-retto intendiamo tutte le neoformazioni che derivano da un’anomala proliferazione delle cellule dalla mucosa dell’intestino crasso che va dalla valvola ileocecale all’ano.

Secondo l’Associazione Italiana di Oncologia Medica, ogni anno ci sono 48.100 nuove diagnosi di tumore colorettale. Questi numeri non devono spaventare, bensì tenere alto il nostro stato di allerta: infatti, esistono aumentate possibilità di guarire da questa patologia, così come tassi di mortalità inferiori rispetto a quelli degli anni passati, grazie allo screening precoce ed ai numerosi trattamenti a disposizione dei pazienti.

Purtroppo, negli ultimi decenni si è assistito ad un aumento delle diagnosi nei pazienti con età inferiore ai 50 anni, prevalentemente in seguito all’insorgenza di sintomi individuati tramite screening del sangue occulto nelle feci o con esame endoscopico.

I sintomi

I sintomi e i segni tipici possono essere talvolta sfumati, ma generalmente sono rappresentati da:

  • perdita di sangue nelle feci;
  • dolore addominale;
  • calo dei livelli di emoglobina e di ferro nel sangue e/o a cambiamenti nella funzionalità intestinale.

Tuttavia, a volte il tumore si può manifestare in maniera più acuta con un quadro di vera e propria occlusione intestinale (vomito e distensione addominale).

I pazienti, che hanno già una storia familiare di cancro colorettale o sono affetti da sindromi genetiche che ne determinano una predisposizione, meritano una maggiore attenzione e devono essere sottoposti a dei programmi di prevenzione più precoci e serrati.

Il trattamento del tumore al colon-retto

Il trattamento del tumore al colon-retto è variabile, in base allo stadio del tumore alla diagnosi: si va dalla chirurgia tradizionale o laparoscopica alla sua combinazione con chemioterapia o radioterapia.

Durante l’intervento, il chirurgo procederà a rimuovere la parte del tratto intestinale interessata, mediante la cosiddetta ‘emicolectomia’ – o asportazione chirurgica di una metà del colon – destra o sinistra, oppure tramite resezione del retto, per via anteriore o per via addominoperineale.

Contestualmente all’asportazione del tratto in cui si trova la neoplasia verrà deciso se asportare anche i margini sani e i linfonodi ad esso associati per poi ripristinare la funzionalità e la continuità del collegamento digestivo.

Talvolta, generalmente per i tumori più vicini all’ano è indicato eseguire anche una stomia, ossia una deviazione del contenuto intestinale all’esterno tramite un’apertura sull’addome (nella maggior parte dei casi temporanea e, attualmente, solo in una minima percentuale di interventi definitiva) per arrivare ad una completa radicalità oncologica.

L’approccio chirurgico laparoscopico

Negli ultimi decenni, l’approccio chirurgico laparoscopico ha progressivamente preso il posto di quello convenzionale. Rispetto al tradizionale intervento, che prevedeva un’incisione addominale di dimensioni variabili da caso a caso, questa metodica permette di eseguire lo stesso intervento mediante incisioni di pochi millimetri, effettuate dopo aver ‘gonfiato l’addome’ con gas apposito, in cui vengono inseriti una telecamera e gli strumenti chirurgici necessari per svolgere l’operazione.

A fronte della necessità di un adeguato addestramento da parte del chirurgo, i benefici sui pazienti sono importanti: i dati della letteratura, così come l’esperienza clinica, hanno evidenziato un netto beneficio sia nel tempo di degenza sia nelle complicanze postoperatorie, a parità di risultati oncologici.

La tecnica laparoscopica, ad oggi, è l’approccio preferenziale, ma la decisione finale deve essere sempre presa in accordo con il team degli anestesisti dal momento che alcune patologie cardiologiche ne rappresentano una controindicazione assoluta.

La convalescenza dopo una laparoscopia

Se non sopraggiungono complicanze, la dimissione dopo l’intervento è prevista in media dopo 5 giorni; a seguire, verrà programmato un controllo ambulatoriale a distanza di circa 1 settimana e un altro dopo 1 mese.

Pur con una certa variabilità legata ai diversi casi clinici, la laparoscopia consente un rapido recupero a domicilio delle proprie attività quotidiane, garantendo una buona qualità di vita nel periodo di convalescenza domiciliare e migliori tempi di ripresa lavorativa, sociale ed affettiva.

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