
Articolo del 05/06/2023
L’Epilessia è una delle malattie neurologiche croniche più diffuse, tanto da essere riconosciuta già nel 1965 come malattia sociale dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dal punto di vista sociale e lavorativo, senza limitazioni sostanziali. In Italia l’epilessia interessa 1 persona su 100 (500.000/600.000 pazienti).
Le crisi epilettiche sono espressione di un’alterata funzionalità dei neuroni che si trovano nella sostanza grigia della corteccia cerebrale. I neuroni corticali sono le cellule più importanti del nostro cervello e comunicano tra loro attraverso scambi biochimici che si traducono poi in correnti elettriche. Quando i neuroni, per molteplici ragioni, diventano “iperattivi” scaricano impulsi elettrici in modo eccessivo, e ciò può provocare una crisi epilettica. Le crisi epilettiche rappresentano quindi una modalità anomala di risposta eccitatoria di aree cerebrali circoscritte o di tutto il cervello, dovuta a lesioni cerebrali di diverso tipo oppure a una disfunzione su base genetica o sconosciuta. Sono caratterizzate da sintomi e segni improvvisi, in genere di breve durata.
Ma quali sono i sintomi e le cause di una crisi epilettica? E come si cura laddove si manifestasse?
Approfondiamo l’argomento con la Prof.ssa Francia, responsabile del Servizio di Neurologia della Clinica Arsbiomedica.
Epilessia: di cosa si tratta?
L’epilessia ha due picchi di incidenza durante il corso della vita: il primo durante l’infanzia, il secondo nella popolazione anziana, dopo i 65 anni. Tali picchi riflettono le cause più comuni, che sono le forme generalizzate idiopatiche o congenite, a insorgenza di solito in età infantile, e le patologie cerebrovascolari e neurodegenerative, la cui insorgenza cresce all’aumentare dell’età.
Dal punto di vista clinico per porre una diagnosi di Epilessia è necessario che il soggetto abbia avuto almeno due crisi epilettiche a distanza di tempo superiore alle 24 ore e che le crisi siano avvenute spontaneamente, cioè non siano state provocate da fattori specifici o da situazioni particolari
Le crisi sono definite:
- focali quando iniziano in una zona circoscritta del cervello da cui, in alcuni casi, possono propagarsi poi ad altre aree cerebrali
- generalizzate quando coinvolgono fin dall’inizio entrambi gli emisferi cerebrali.
Le crisi non sempre comportano una compromissione della coscienza, e si manifestano con sintomi diversi che esprimono il coinvolgimento dell’area cerebrale interessata dalla scarica, in relazione alla funzione cerebrale ad essa correlata.
L’esempio paradigmatico di crisi epilettica generalizzata è rappresentato dalla crisi tonico-clonica (conosciuta come crisi di Grande Male, dizione questa che però non deve essere più utilizzata), in cui il soggetto perde coscienza improvvisamente, può emettere un urlo, cade a terra irrigidito (fase tonica), e successivamente presenta scosse in tutto il corpo (fase clonica); durante la crisi la persona può mordersi la lingua o perdere il controllo degli sfinteri.
Altri tipi di crisi generalizzate sono invece meno eclatanti da un punto di vista clinico, come ad esempio le crisi di assenza che si presentano soprattutto in età infantile. Nella maggior parte dei casi le crisi si verificano all’improvviso, in altri sono invece preavvertite dal soggetto sotto forma di sensazioni particolari, conosciute come aure epilettiche.
Le crisi epilettiche possono essere isolate ma anche ripetersi in serie e, in genere, hanno una durata variabile da pochi secondi ad 1 minuto – 1 minuto e mezzo.
Quali sono i sintomi dell’epilessia?
Nelle crisi parziali, i sintomi dipendono dall’area cerebrale interessata. Quindi a seconda del coinvolgimento dell’area motoria, sensitiva o, per esempio, del linguaggio, possono insorgere scatti o movimenti anomali, deficit di forza ,disturbi sensitivi, oppure difficoltà di linguaggio Sono anche possibili, sempre in relazione all’area interessata dalla scarica epilettogena, alterazioni della funzione visiva (allucinosi, allucinazioni o perdita campimetrica visiva), gustativa, olfattiva (più frequentemente cacosmia ) o ancora modificazioni comportamentali psicocognitive forse più difficili da diagnosticare.
Fra le crisi generalizzate, i tipi più comuni sono le assenze (piccolo male) e le crisi tonico-cloniche (grande male).
Nelle crisi di assenza:
- il soggetto perde il contatto con l’ambiente,
- presenta un arresto motorio e comportamentale,
- gli occhi rimangono aperti quasi “sbarrati” talora con lievissimi movimenti di ammiccamento
- solitamente non c’è caduta, né presenza di disturbi motori.
Nelle crisi di grande male:
- la perdita di coscienza è accompagnata dalla comparsa di contrazioni muscolari diffuse, che normalmente provocano la caduta a terra del paziente, con traumi anche rilevanti;
- è spesso presente contrattura mandibolare,
- cianosi temporanea delle labbra meno frequentemente del volto, con respiro stertoroso, e successivamente un periodo di recupero di durata molto variabile, (stato postcritico)
Cosa fare durante una crisi epilettica?
Normalmente l’unico provvedimento da adottare di fronte a un soggetto che manifesta una crisi epilettica consiste nell’evitare, quando possibile, che i movimenti e le cadute provochino traumi; quindi adagiando il soggetto a terra in posizione di sicurezza o ponendo un cuscino sotto la testa.
Porre in bocca oggetti di qualsiasi tipo può invece essere pericoloso, oltre che inutile, dato che le crisi si autorisolvono rapidamente nella stragrande maggioranza dei casi.
La somministrazione di farmaci al bisogno in occasione delle crisi è invece riservata al personale sanitario, o in alcuni casi, ai caregiver se opportunamente educati a farlo.
È molto importante non farsi prendere del panico e osservare attentamente il soggetto, in quanto una descrizione precisa di quanto accade al paziente durante la crisi sarà successivamente molto utile per il medico che lo prenderà in cura. É anche importante parlare con il paziente cercare di entrare in contatto e, soprattutto avere degli elementi informativi sulla durata della compromissione dello stato di coscienza sia qualitativi che quantitativi
Epilessia: quali sono le cause?
Le cause dell’epilessia sono diverse secondo che si tratti di una forma parziale o generalizzata.
Nell’epilessia focale sintomatica, la causa più comune è la presenza di lesioni strutturali, quali aree ischemiche, emorragiche, tumori, o anche cicatrici di pregressi traumi o interventi chirurgici, e in tal caso si parla di epilessia parziale sintomatica. In altri casi, pur essendoci evidenza clinica o strumentale dell’origine delle crisi da una specifica area cerebrale, gli esami radiologici quali TC o RM non sono in grado di mostrare alcuna lesione strutturale, e si parla pertanto di epilessia focale criptogenica.
Nell’epilessia generalizzata, esistono le forme idiopatiche, in cui si ritiene che il paziente, per una predisposizione individuale, o talora ereditaria, abbia una ridotta soglia epilettogena per cui la sua corteccia cerebrale può andare incontro a una crisi epilettica anche in assenza di cause o stimoli esterni specifici. Esistono alcune condizioni predisponenti, quali astinenza o abuso di psicofarmaci, etilismo acuto o cronico, disordini metabolici o elettrolitici, che hanno il ruolo di fattori scatenanti in pazienti già affetti da epilessia, ma che in certi casi possono costituire l’unica causa della malattia, e vanno pertanto corrette. In presenza di tali fattori predisponenti, o di un evento cerebrale recente, si parla di crisi sintomatica acuta.
Gli esami per la diagnosi.
La diagnosi di epilessia è primariamente clinica, cioè basata sull’accurata descrizione degli episodi critici da parte del paziente, quando possibile, o delle persone che hanno osservato gli eventi.
Gli esami diagnostici più importanti sono l’elettroencefalogramma (EEG) e la risonanza magnetica (RM o, se non possibile, TC) dell’encefalo.
L’EEG è una registrazione dell’attività elettrica cerebrale che può permettere di evidenziare alcune anomalie, che pongono il sospetto, o talora sono patognomiche, di una condizione epilettica. Sicuramente di ausilio è l’esecuzione della registrazione video-EEG che consente sia di registrare una crisi epilettica confrontando il dato elettroencefalografico e quello clinico obiettivo offerto dal paziente, ma anche di rilevare eventuali correlazioni tra dati neurofisiologici strumentali e modificazioni del comportamento del paziente talora non facilmente deducibili dalla raccolta anamnestica. La registrazione nel sonno è un’altra opportunità sicuramente di routine nell’età infantile e di aiuto nell’adulto come modalità di tentativo di slatentizzazione di elementi epilettogeni.
La RM encefalo è invece fondamentale per ricercare o escludere una patologia cerebrale strutturale, che va considerata nella decisione di impostare oltre al trattamento antiepilettico, un possibile trattamento eziologico.
EEG e RM encefalo possono comunque essere del tutto negativi anche in casi certi di epilessia, per cui il primo step diagnostico è sempre rappresentato da un’accurata raccolta anamnestica e visita neurologica.
Capitolo a parte e di più recente acquisizione è lo sviluppo di esami genetici (sindromi epilettiche geneticamente determinate e screening immunologico (epilessie immunomediate)
Come si cura l’epilessia?
Mentre la singola crisi epilettica non va trattata farmacologicamente, salvo casi molto particolari, l’epilessia, cioè la tendenza al ripetersi di crisi epilettiche, richiede sempre un trattamento che va protratto almeno fino al completo controllo delle crisi.
La prima misura da adottare consiste nel rimuovere i possibili fattori scatenanti, quali soprattutto abuso di psicofarmaci, alcol e droghe, misura che in alcuni casi può essere anche l’unica necessaria, se tali fattori rappresentano l’unica causa della malattia.
Se anche in assenza di fattori scatenanti, il soggetto presenta comunque crisi comiziali, va introdotto un trattamento farmacologico che ha il fine di eliminare, o controllare nel modo migliore possibile, le manifestazioni epilettiche.
La terapia farmacologica anche grazie all’inserimento continuo di nuove molecole con sempre maggiore efficaci, minori effetti collaterali, ha permesso di poter controllare l’evenienza di crisi epilettiche nel 70% dei casi. Il 30% dei casi è definito farmacoresistente ed il 15-20 % di questi è candidato alla possibilità di trattamento neurochirurgico, che richiede un’accurata selezione del paziente, uno studio multidisciplinare (neurologico, neurofisiologico, neuropsicologico, neuroradiologico)
Dall’epilessia si può guarire?
Per guarigione dall’epilessia si intende l’assenza di crisi per 10 anni, dopo sospensione della terapia farmacologica per gli ultimi 5 anni. Tale evento è certamente più frequente in soggetti con insorgenza in età infantile o giovanile, in quanto alcune forme di epilessia infantile vanno incontro a graduale remissione in età adulta. Negli adulti, dopo rimozione chirurgica completa di lesioni strutturali epilettogene, come una lesione tumorale, è possibile in alcuni pazienti ottenere una scomparsa delle crisi.
Negli altri casi, in particolare nelle epilessie parziali sintomatiche, la scomparsa delle crisi con possibilità di sospensione completa della terapia è un evento meno frequente; tuttavia dopo un periodo asintomatico di alcuni anni è possibile valutare un tentativo di sospensione. Tale decisione è comunque sempre ampiamente valutata e discussa con il singolo paziente, in modo da tenere conto delle diverse necessità e implicazioni non solo mediche, ma familiari, psicologiche, sociali e lavorative.
Va però sottolineato, che mantenendo una terapia corretta e assunta con regolarità, la maggioranza dei pazienti affetti da epilessia può divenire libera da crisi e condurre una vita autonoma e di relazione normale.