La malattia di Parkinson (MP), descritta per la prima volta nel 1817 da James Parkinson nel trattato An Essay on the Shaking Palsy, è una malattia neurodegenerativa del sistema nervoso centrale che compromette in maniera graduale e progressiva il movimento e determina un lungo corredo di sintomi non-motori.
Una diagnosi precoce attraverso un corretto iter clinico – strumentale nonché una gestione interdisciplinare della malattia sono fondamentali per attuare tempestivamente le più opportune strategie terapeutiche e migliorare la prognosi e qualità di vita del paziente.
Approfondiamo l’argomento con il Dott. Alessandro Zampogna, specialista in Neurologia della Clinica ArsBioMedica, coordinato dalla Prof.ssa Ada Francia.
Come si manifesta la malattia di Parkinson?
“La caratteristica clinica principale della malattia di Parkinson è il rallentamento motorio associato alla presenza di rigidità muscolare e/o tremore a riposo. Con l’avanzare della malattia, inoltre, si verificano spesso alterazioni della marcia e dell’equilibrio che pongono il paziente ad un elevato rischio di cadute. Ai sintomi motori si accompagnano poi problematiche di tipo non-motorio, come disturbi del sonno e della sfera emotiva, disordini gastroenterici ed urinari, deterioramento cognitivo e disautonomia. L’insieme di tutte queste problematiche rende la malattia di Parkinson una patologia complessa che richiede un’assistenza a 360 gradi”.
Quali sono le cause della malattia di Parkinson?
“Le cause della malattia di Parkinson non sono, ad oggi, del tutto note. Sono state formulate varie ipotesi eziopatogenetiche che puntano l’attenzione sull’interazione tra predisposizione genetica ed esposizione a fattori di tipo ambientale. In particolare, nel corso degli ultimi anni, è stato dimostrato che l’alterato avvolgimento di una proteina normalmente presente nel nostro cervello, chiamata alfa-sinucleina, può causare la formazione di accumuli tossici che portano alla morte delle cellule nervose. A risentire maggiormente di questi processi degenerativi sono specifici neuroni responsabili della produzione della dopamina, neurotrasmettitore che regola numerose funzioni dell’organismo e la cui mancanza determina gran parte delle manifestazioni cliniche della malattia”.
Si può prevenire la malattia di Parkinson?
“Ad oggi, purtroppo, non esistono sostanze o farmaci in grado di prevenire la malattia di Parkinson. Tuttavia, numerosi studi epidemiologici hanno reso noti diversi fattori di rischio ambientali che potrebbero contribuire all’insorgenza della malattia, come ad esempio traumi cranici ricorrenti, l’esposizione ad alcuni pesticidi, idrocarburi e prodotti chimici industriali. Al contrario, il consumo di caffeina, l’introito di flavanoidi e l’attività fisica si sono rivelati fattori protettivi in grado di ridurre il rischio di insorgenza della malattia di Parkinson. Pertanto, la conduzione di una vita attiva e l’assunzione di uno stile alimentare sano rappresentano un importante strumento di prevenzione di cui tenere conto, non solo per quanto riguarda la malattia di Parkinson ma anche per altre patologie neurodegenerative. Molti alimenti, infatti, tra cui verdure, frutta e cereali integrali, contengono polifenoli, potenti attivatori dei geni umani coinvolti nella sintesi di enzimi antiossidanti, nella modulazione dei percorsi antinfiammatori e nell’accensione dei geni anti-invecchiamento, con un possibile effetto neuroprotettivo. Inoltre, rappresentano fattori chiave nel mantenimento di un sano microbiota intestinale che potrebbe influire positivamente sulla funzione cerebrale, data la ormai nota stretta relazione intestino-cervello”, spiega il Dott. Zampogna.
Come si esegue la diagnosi di malattia di Parkinson?
“La diagnosi di malattia di Parkinson si basa in primo luogo su un’accurata raccolta anamnestica e sulla valutazione clinica dei segni motori. Tuttavia, non sempre questi strumenti sono sufficienti per il corretto inquadramento del paziente e, in particolare, per la diagnosi differenziale della malattia. Ci sono infatti alcune patologie, chiamate parkinsonismi atipici, che possono essere clinicamente molto simili alla malattia di Parkinson, ma presentare una prognosi e risposta alle terapie molto diverse da questa. In questi casi, si rende necessario eseguire specifici approfondimenti di tipo strumentale per indagare più approfonditamente la struttura e funzione del cervello. Tra questi, ad esempio, la Risonanza magnetica nucleare ad alto campo può supportare l’iter diagnostico tramite il riconoscimento di specifici segni neuroradiologici”.
Come si può curare la malattia di Parkinson?
“L’approccio terapeutico al paziente affetto da malattia di Parkinson non è univoco e dipende strettamente dalle caratteristiche individuali del soggetto. Il trattamento deve essere quindi strettamente personalizzato. La terapia cardine è rappresentata da farmaci di tipo dopaminergico che sono somministrati per via orale più volte al giorno e che, in stadio iniziale di malattia, garantiscono un ottimo controllo della sintomatologia clinica. Le fasi avanzate di malattia, invece, sono spesso caratterizzate dalla comparsa di complicanze motorie, come movimenti involontari e fluttuazioni motorie, la cui gestione richiede l’utilizzo di trattamenti più complessi. Tra questi esistono soluzioni chirurgiche, come la stimolazione cerebrale profonda, ed approcci infusionali con somministrazione continua di farmaci, come l’apomorfina per via sottocutanea e la L-Dopa/Carbidopa per via intestinale. Non bisogna poi dimenticare che la riabilitazione neuromotoria svolge un ruolo fondamentale per preservare ed ottimizzare la funzione motoria durante tutto il corso della malattia”.
In ArsBioMedica l’approccio è di tipo interdisciplinare
“La complessità della malattia ed il coinvolgimento di multipli sistemi corporei rende indispensabile trattare il paziente con malattia di Parkinson attraverso l’interfacciarsi di multiple figure specialistiche. Il nostro obiettivo è quello di prenderci completo carico del paziente affetto da malattia di Parkinson e questo è reso possibile grazie all’esistenza di una rete che permette di trattare in modo adeguato tutti i problemi connessi alla malattia”, conclude il Dott. Zampogna.